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Novate Milanese, a Casa Testori l’esposizione ‘La prima volta’

casa testori la prima volta

Assessore Caruso: punto di riferimento per creatività artistica contemporanea

L’assessore regionale alla Cultura Francesca Caruso ha visitato l’esposizione ‘La prima volta’, in mostra a Casa Testori, a Novate Milanese (MI). L’allestimento, curato da Marta Cereda, fino al 26 ottobre propone i lavori di diciannove giovanissimi artisti, tutti nati dopo il 1995. Nel percorso espositivo pittura, fotografia, video e scultura entrano in dialogo non solo con le altre opere, ma anche e soprattutto con l’architettura, con la biblioteca e con le preesistenze domestiche della casa natale di Giovanni Testori.

“Con questa mostra – ha dichiarato l’assessore Caruso – Casa Testori si conferma un importante punto di riferimento per la creatività artistica contemporanea. Con il suo desiderio continuo di rinnovamento, questo luogo apre le porte a una nuova generazione creativa mettendo in luce la sua vitalità nel panorama culturale lombardo”.

Ad aprire la mostra è Sara Lorusso che presenta ‘Diari’, una serie fotografica iniziata nel 2018 che cattura l’intimità e la nostalgia dell’estate attraverso immagini di corpi e paesaggi. Nella prima stanza Roberto De Pinto espone diverse opere tra cui Papaveri e l’inedito ‘Un chant d’amour’, in cui, utilizzando tecniche come encausto, pastelli e carboncino, esprime la sensualità del Mediterraneo attraverso rappresentazioni vegetali e umane.

Con lui Erica Bardi, la cui fotografia in bianco e nero richiede un’osservazione ravvicinata per comprendere il rapporto tra elementi organici e inorganici. Agnese Galiotto nel salone della casa presenta ‘Scheletro’, un’installazione ambientale che riflette sull’impermanenza attraverso un collage di cartoni preparatori di affreschi destinati alla distruzione, insieme ad alcuni disegni. Francesca Macis con la sua serie ‘Fairytales’ trasforma i parchi giochi notturni in scenari luminosi e surreali, esplorando la transizione dall’infanzia all’età adulta. La veranda ospita Federica Mariani che con il video ‘Empress Margareth’s Speech’ e con le sculture ‘Worm e Bat’ denuncia la condizione femminile, utilizzando come alter ego Margareth Cavendish, eclettica intellettuale secentesca.

Con la serie ‘Cakes’, ospitata nella cucina della dimora novatese, Alice Pilusi critica la superficialità dei valori moderni attraverso torte esteticamente attraenti ma strutturalmente vuote, rappresentando la feticizzazione della bellezza e del successo. Le sue opere dialogano con quelle di Adelisa Selimbašić che affrontano l’inadeguatezza derivante dalla pressione di conformarsi a standard estetici, con figure che occupano prepotentemente la tela per sfidare l’idea di un canone unico.

Nell’atrio Pietro Guglielmin colloca la sua opera ‘Mermaidia’, in cui dipinge foglie e recinzioni per evocare l’immaginazione, e invitare a riflettere su cosa si cela oltre il visibile. Ed è qui, in una sezione della biblioteca di Testori, che Ilaria Simeoni ha trovato lo spazio per il suo giardino portatile, tavole praticamente tascabili che riflettono sull’interazione tra natura incontaminata e giardini curati.

Il percorso prosegue nelle stanze dove le sculture di Giulia Querin fanno capolino muovendosi senza vincoli: a terra, sulle pareti, su altri oggetti. In questo stesso spazio le tele di Luca Lombardi rappresentano l’ossessione per l’identità digitale attraverso gesti ingigantiti di swipe, criticando la superficialità delle notizie sensazionalistiche. Al digitale e all’intelligenza artificiale si ispira anche Andrea Camiolo con ‘The Manhattan Project’, in cui presenta immagini fotorealistiche di esplosioni nucleari generate dall’Intelligenza Artificiale, interrogandosi sull’autenticità e l’autorialità.

Proseguendo, il video ‘Give me a moment, I leave the light on’ di Benedetta Fioravanti mescola memorie personali e found footage. Le opere di Jacopo Zambello sono ispirate all’’Epopea di Gilgamesh’ e creano un’atmosfera di spaesamento, così come i dipinti di Enrico Loquercio che presentano figure indistinte su sfondi teatrali. Camilla Marrese con ‘Thinking Like an Island’ esplora l’identità di un’isola mediterranea, ammettendo l’impossibilità di rappresentarla completamente. Combinano tradizioni artistiche storiche con elementi contemporanei le opere in cera e argilla di Giuseppe Di Liberto che con ‘Chiurenne l’oucchie pare e te verè’ esplora le forme del lutto e del suo rito.

Chiude il percorso della collettiva Martina Andreoni che in ‘Sensation is Painless’ affronta la morte e la finzione della vita attraverso still life fotografici, esprimendo empatia e consapevolezza del dolore.

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