MIGLIAIA DI ORME DI DINOSAURI S SCOPERTE NEL PARCO NAZIONALE DELLO STELVIO, GRANDI ERBIVORI LE FORMARONO CIRCA 210 MILIONI DI ANNI FA, NEL TRIASSICO
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(LNews – Milano, 16 dic) Nel cuore delle Alpi nella Valle di Fraele, tra Livigno e Bormio – luoghi che ospiteranno le gare delle prossime Olimpiadi Milano-Cortina – la storia ha fatto un inatteso e straordinario dono. Nel settembre scorso, un fotografo naturalista ha individuato su estese pareti di dolomia quasi verticali, camminate di dinosauri lunghe centinaia di metri, testimonianza di un passato che risale a oltre 200 milioni di anni fa. Le orme, conservate in ottimo stato nonostante l’altitudine, mostrano tracce di dita e artigli impresse su piane di marea alla fine del Triassico. L’area non è raggiungibile tramite sentieri, quindi per studiarle si dovranno impiegare droni e tecnologie di telerilevamento.
Le foto, le prove geo-paleontologiche e i video realizzati dal Nucleo Carabinieri ‘Parco dello Stelvio’ di Valdidentro sono presentati oggi per la prima volta durante la conferenza stampa a Palazzo Lombardia. Secondo le analisi del Museo di Storia Naturale di Milano e dell’Università di Bergamo, per conto del Parco Nazionale dello Stelvio, questo rappresenta il più importante giacimento di tracce fossili del Triassico in Europa.
La scoperta assume un significato ancora più profondo perché avviene alla vigilia di un evento mondiale come le Olimpiadi. È come se la Storia stessa avesse voluto omaggiare il più grande evento sportivo globale, unendo passato e presente in un simbolico passaggio di testimone tra natura e sport. Questo straordinario capitolo viene raccontato dai protagonisti del ritrovamento e da chi ne ha certificato il valore scientifico. Saranno coinvolti anche coloro che avranno il compito di rendere queste testimonianze accessibili al pubblico, insieme alle Istituzioni impegnate nell’organizzazione delle Olimpiadi.
LA SCOPERTA – Domenica 14 settembre 2025, nel corso di un’escursione nella Valle di Fraele (Parco dello Stelvio) per fotografare cervi e gipeti, Elio Della Ferrera nota, con il binocolo, un versante roccioso che espone strati quasi verticali: quello che cattura la sua attenzione sono le numerose depressioni che percorrono
quegli strati in lungo e in largo. Alcune sono veramente grandi, fino a 40 centimetri di diametro, altre sono allineate in file parallele. Avendo a disposizione il resto della giornata, Elio decide di dare risposta, più da vicino, al dubbio che lo attanaglia. Risale faticosamente un ripido pendio e, raggiunta la base di uno degli affioramenti, si rende conto di trovarsi davanti a centinaia di orme fossili. Alcune mostrano chiare tracce di dita e di artigli: sono certamente impronte lasciate da grandi animali del passato.
Il giorno dopo, senza quasi chiudere occhio, Elio Della Ferrera telefona a Cristiano Dal Sasso, paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano, che già conosce per via di una collaborazione precedente, per confermare questa affascinante ipotesi. Viste comparire le prime foto sul cellulare, Dal
Sasso quasi non crede ai propri occhi: sono certamente orme di dinosauro, mai segnalate in precedenza. Nella stessa giornata la notizia di questa eccezionale scoperta viene comunicata alla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Como, Lecco, Sondrio e Varese, responsabile
per la tutela dei beni paleontologici, che a sua volta informa la Direzione del Parco Nazionale dello Stelvio, nel cui territorio ricade l’area dei ritrovamenti.
Per delimitare l’area degli affioramenti e raccogliere le prime informazioni, la Soprintendenza costituisce un gruppo di lavoro chiedendo la collaborazione del Museo di Storia Naturale di Milano e del Parco Nazionale dello Stelvio, che prontamente si attivano. Il paleontologo del Museo di Milano fa un primo sopralluogo accompagnato dal Nucleo Carabinieri Parco-Valdidentro, dal personale scientifico del Parco e da Elio Della Ferrera, prima che la neve copra tutto. Poi coinvolge l’icnologo Fabio Massimo Petti (MUSE-Trento e Società Geologica Italiana), esperto in orme di dinosauro, e il geologo Fabrizio Berra (Dipartimento di Scienze della Terra “Ardito Desio”, Università degli Studi di Milano), esperto della geologia locale e già rilevatore della Carta Geologica d’Italia nell’area di Bormio.
L’analisi delle carte geologiche e delle pubblicazioni più recenti indica che le orme sono conservate in rocce dolomitiche del Triassico superiore, risalenti a circa 210 milioni di anni fa. Sulle Alpi Orientali, Dolomiti incluse, sono noti diversi siti con orme della stessa età geologica, ma queste si rivelano essere le prime orme dinosauriane scoperte in Lombardia e le uniche esposte a nord di una delle più importanti faglie delle Alpi, la Linea Insubrica.
CHE ASPETTO HANNO LE ORME? QUALI DINOSAURI LE HANNO PRODOTTE? – Le orme di gran lunga più numerose hanno una forma allungata e sono state prodotte in gran parte da animali ad andatura bipede. In quelle meglio conservate si riconoscono le tracce di almeno quattro dita. Queste caratteristiche sono più evidenti se si osservano le piste più lunghe e più isolate; dove hanno camminato molti animali le orme si confondono e spesso si sovrappongono. In alcuni casi,
davanti alle orme dei piedi si trovano quelle delle mani, che sono più larghe che lunghe e più piccole. In quei punti gli animali si erano probabilmente fermati, appoggiando a terra gli arti anteriori.
Queste camminate sono attribuibili a dinosauri prosauropodi: erbivori dal collo lungo e testa piccola, che sono considerati gli antenati dei grandi sauropodi del Giurassico (come il famoso brontosauro). Di corporatura robusta, i prosauropodi possedevano artigli appuntiti sia sulle mani che sui piedi. In alcune specie, come Plateosaurus engelhardti, gli adulti potevano raggiungere una lunghezza di 10 metri.
In Svizzera e in Germania sono stati trovati molti scheletri di plateosauro, che dunque è il più probabile responsabile (trackmaker) delle orme trovate in Val Fraele. Per le orme, però, i paleontologi usano nomi diversi rispetto agli scheletri, perché non è quasi mai possibile accertare l’esatta identità dei trackmaker. Le orme dei prosauropodi sono chiamate Tetrasauropus, Pseudotetrasauropus, Pentasauropus, Evazoum, a seconda dei dettagli anatomici mostrati. Pseudotetrasauropus è quella che più si avvicina alle orme dei dinosauri dello Stelvio. Tuttavia è anche possibile che queste orme appartengano ad una icnospecie ancora sconosciuta, cui si dovrà dare un nuovo nome. Solo le future indagini di dettaglio permetteranno di classificarle con precisione.
Gli studi previsti ci diranno più precisamente quali grandi rettili hanno percorso questo territorio 210 milioni di anni fa. Fra le tracce non è escluso che ci possano essere anche rettili quadrupedi simili a coccodrilli (arcosauri) e dinosauri predatori antenati del Saltriovenator, che per ora resta l’unico dinosauro carnivoro lombardo di cui conosciamo le ossa.
IN QUALE AMBIENTE HANNO CAMMINATO I DINOSAURI DELLO STELVIO? La posizione attuale degli strati con le orme, quasi verticale, non è quella originaria ma è conseguenza delle enormi deformazioni che hanno portato alla formazione della catena alpina. Tra 227 e 205 milioni di anni fa le rocce che oggi costituiscono queste montagne si formarono come sedimenti calcarei in piattaforme carbonatiche di mare basso con ambienti simili a quelli delle aree tropicali attuali, con piane di marea che si perdevano all’orizzonte, per centinaia di chilometri.
Su queste rive lambite dalle calde acque dell’Oceano Tetide camminarono i dinosauri, imprimendo le loro orme nei fanghi calcarei. Ricoperte e protette da altri sedimenti, quelle camminate si sono conservate inalterate fino a oggi: con il sollevamento delle Alpi e l’erosione dei versanti montani sono tornate di nuovo alla luce. L’esposizione agli agenti atmosferici minaccia la loro preservazione: serviranno fondi per studiarle, valorizzarle e conservarle, utilizzando anche tecnologie di digitalizzazione.
IMPORTANZA DELLA SCOPERTA – Perché sono importanti queste orme fossili, scoperte ora nel Parco dello Stelvio? Rispondiamo per
punti:
• Sono le prime orme dinosauriane scoperte in Lombardia.
• Sono in assoluto le prime orme dinosauriane rinvenute nel Dominio Austroalpino italiano, cioè a nord della Linea Insubrica.
• Confermano l’esplosione evolutiva dei dinosauri nell’ultima parte del Triassico superiore: il 90% delle tracce appartiene, infatti, a dinosauri sauropodomorfi vissuti in un intervallo di tempo compreso tra 227 e 205 milioni di anni fa, chiamato Norico.
Da stime preliminari effettuate su base fotografica il numero di orme è stimabile in alcune migliaia. Cifre impressionanti, che derivano da tre fattori favorevoli:
1. altissima densità delle tracce (fino a 4-6 orme per metro quadrato), che non è per nulla comune: qui i dinosauri camminarono in branchi numerosi;
2. varietà dimensionale delle orme, ovvero compresenza di orme grandi, medie e piccole che aumentano numero e densità delle tracce, testimoniando una varietà di taglia dei trackmaker;
3. estensione spaziale del sito fossilifero. Le superfici di strato ‘dinoturbate’ affiorano su almeno sette crinali diversi, con decine di strati sovrapposti che emergono dai detriti di frana fino alle creste delle Cime di Plator e di Cima Doscopa, lungo la Valle di Fraele sulla sponda meridionale dei Laghi di Cancano. Ad oggi si contano circa trenta punti di affioramento, distribuiti su una distanza di quasi cinque chilometri. Il complesso Plator-Doscopa è dunque uno dei siti a orme di dinosauro più ricchi ed estesi del mondo, almeno per il periodo Triassico.
COSA DICONO GLI ESPERTI – “Questo luogo era pieno di dinosauri, è un immenso patrimonio scientifico. Le camminate parallele sono prove evidenti di branchi in movimento sincronizzato e ci sono anche tracce di comportamenti più complessi, come gruppi di animali radunati in cerchio, forse per difesa” – afferma Cristiano Dal Sasso, paleontologo del Museo di Storia Naturale di Milano. “Dopo trentacinque anni di attività non avrei mai immaginato di trovarmi davanti una scoperta così spettacolare, nella regione in cui vivo. Incredibilmente anche in Lombardia ci sono luoghi ancora inesplorati, remoti nel tempo e nello spazio”.
“Le orme sono state impresse quando i sedimenti erano ancora soffici e saturi d’acqua, sulle ampie piane di marea che circondavano l’Oceano di Tetide” – spiega Fabio Massimo Petti, icnologo del MUSE di Trento ed Editorial Manager della Società Geologica Italiana. “La plasticità di quei finissimi fanghi calcarei, ora divenuti roccia, ha talora permesso di conservare dettagli anatomici delle zampe davvero notevoli, come le impressioni delle dita e persino degli artigli”.
Fabrizio Berra, geologo del Dipartimento di Scienze della Terra ‘Ardito Desio’ dell’Università degli Studi di Milano, sottolinea: ‘Sulle pendici delle Cime di Plator affacciate verso i Laghi di Cancano affiorano rocce sedimentarie dolomitiche del Triassico superiore, note con il nome di Dolomia Principale,
chiamata anche Dolomia del Cristallo nel settore dell’Alta Valtellina. Risalgono al Norico, una epoca che durò oltre venti milioni di anni, da 227 a
205 milioni di anni fa e siccome gli strati con le orme sono diversi e sovrapposti, abbiamo una occasione unica di studiare l’evoluzione nel tempo degli animali e del loro ambiente, leggendo le pagine di un libro di pietra”.
IL COMMENTO DELLE ISTITUZIONI
GOVERNATORE FONTANA – “Alla vigilia delle Olimpiadi invernali – commenta il Presidente Attilio Fontana -, la Lombardia riceve un dono straordinario dalla storia: la scoperta di migliaia di impronte di dinosauri nella valle di Fraele, a Valdidentro, tra Bormio e Livigno, località che ospiteranno i Giochi olimpici. Questo sito, che abbiamo chiamato Triassic Park, si distingue per la quantità e la nitidezza delle orme, collocando la nostra regione ai vertici mondiali per le tracce del periodo Triassico”.
“La Lombardia è una terra ricca di storie incredibili, capaci di collegare il presente dell’appuntamento olimpico e paralimpico con il passato più remoto. Questa scoperta rappresenta un ponte ideale tra la storia antica del territorio e il futuro che le Olimpiadi simboleggiano. La nostra regione si conferma così luogo di eccellenza, capace di unire sport, scienza e tradizione in un unico grande evento”.
SINDACO DI MILANO SALA – “La scoperta della ‘valle dei dinosauri’ nel territorio lombardo è senza dubbio una scoperta eccezionale per la geologia e la paleontologia – commenta il sindaco di Milano Giuseppe Sala -: gli studi che proseguiranno a partire dal ritrovamento di queste orme permetteranno di conoscere meglio la storia del nostro Pianeta e del territorio in cui abitiamo. Sono fiero di sapere che al riconoscimento delle prime impronte di dinosauro e quindi della portata straordinaria di quanto il fotografo Della Ferrera ha immortalato abbia contribuito con grande competenza anche il Museo di Storia Naturale di Milano, grazie allo sguardo attento ed esperto del paleontologo Dal Sasso. A poche settimane dall’apertura delle Olimpiadi e Paralimpiadi Invernali Milano Cortina 2026, questa scoperta accende un’inattesa quanto affascinante luce sulle montagne della Lombardia”.
PRESIDENTE FONDAZIONE MILANO-CORTINA MALAGO’ – Il presidente della Fondazione Milano-Cortina 2026, Giovanni Malagò, “Ovviamente non possiedo
grandi nozioni di paleontologia ma la straordinaria scoperta di questo sito del Triassico nel cuore del territorio dove si svolgeranno le competizioni Olimpiche mi emoziona sinceramente. Dove gareggeranno gli atleti dello sci alpino e dello snowboard, 200 milioni di anni fa vivevano i dinosauri. Mi pare un segno che ci richiama alla profondità e alla ricchezza del patrimonio non solo culturale ma anche geologico e paleontologico delle nostre Alpi e della Valtellina in particolare. Insomma, le scienze naturali recapitano ai Giochi di Milano Cortina 2026 un dono inatteso e prezioso che viene da ere remote: gli scienziati sapranno approfondirne l’enorme rilevanza, perché viva nel presente e nel futuro della comunità valtellinese e di chi ama la conoscenza.”
BENTIVOGLIO -RAVASIO SOPRINTENDENTE ARCHEOLOGIA, BELLE ARTI E PAESAGGIO PER LE PROVINCE DI COMO, LECCO, SONDRIO E VARESE – “La scoperta di questo eccezionale affioramento, che si aggiunge al sito UNESCO di Monte San Giorgio e al recente rinvenimento della Val d’Ambria, sottolinea il ruolo chiave del territorio della Lombardia settentrionale per la tutela, lo studio e la valorizzazione del patrimonio paleontologico, ambito che rientra nelle competenze del Ministero della cultura al pari delle altre tipologie di beni quali quelli archeologici, monumentali, storico-artistici e paesaggistici” – aggiunge Beatrice Maria BentivoglioRavasio, Soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Como, Lecco, Sondrio e Varese.
“Ci tengo a evidenziare come i numerosi progetti in corso con il Museo di Storia Naturale di Milano e il Parco Nazionale dello Stelvio, che ringrazio, abbiano consentito di dare una risposta rapidissima alla segnalazione di Elio Della Ferrera in un contesto ambientale molto complesso. Gli esiti di queste prime indagini costituiranno la base per l’emanazione di un provvedimento di tutela che garantirà la necessaria protezione al sito e, speriamo, anche la sua prossima valorizzazione”.
CLARETTI (PARCO NAZIONALE DELLO STELVIO) – “Una scoperta eccezionale in un luogo eccezionale. Già da qualche anno la Valle di Fraele riserva
scoperte e riscoperte storiche e archeologiche che ci stanno permettendo di ridare vita al passato storico, dal medioevo fino alla storia recente, della valle. Questa nuova, sensazionale scoperta” dichiara Franco Claretti, direttore dell’area lombarda del Parco Nazionale dello Stelvio, “aggiunge ancora più fascino a un luogo di grande bellezza. Apre orizzonti di tempo di centinaia di milioni di anni e ci permette di sapere quali animali incredibili vivevano qui, quando i nostri monti ancora non esistevano e qui c’erano vastissime spiagge marine. Si aggiunge così un nuovo elemento per la conoscenza del territorio e per la sua valorizzazione. Nostro compito, nei prossimi anni, sarà di contribuire alla ricerca scientifica e, soprattutto, quello di inserire questo nuovo elemento di conoscenza e di fascino nelle
azioni di valorizzazione della Valle di Fraele.”
ASSESSORE SERTORI – “Il Parco nazionale dello Stelvio – commenta Massimo Sertori, assessore di Regione Lombardia con delega agli Enti locali e alla Montagna – è uno degli scrigni mondiali dove il tempo ha nascosto parte della storia del nostro pianeta. Conserva specie animali, biodiversità, flora, fauna e, recentemente, ci ha restituito reperti di storia relativi alla Prima guerra mondiale”. “L’ultima scoperta – continua Sertori – rappresenta e testimonia la presenza, milioni di anni fa, di dinosauri. Oggi visitare il Parco nazionale dello Stelvio regala emozioni straordinarie, non solo per gli incredibili paesaggi che offre, ma perché ci consente di
consultare e di vivere direttamente un libro di storia come fossimo attori protagonisti del libro stesso”.
ASSESSORE CARUSO – Per l’assessore regionale alla Cultura, Francesca Caruso, “Una scoperta eccezionale che riveste anche aspetti culturali molto importanti per la nostra regione. Il fatto, poi, che tutto ciò avvenga in un momento storico e nell’aria sede dei Giochi olimpici assume un valore ancor più forte. Le ‘Olimpiadi e Paralimpiadi della Cultura’, mettono a segno un altro importantissimo tassello per esaltare la storia e la narrazione della Lombardia”.
ASSESSORE COMUNALE SACCHI (CULTURA) – Per Tommaso Sacchi, assessore alla Cultura del Comune di Milano “Questa scoperta straordinaria rappresenta un motivo di orgoglio non solo per la comunità scientifica, ma per tutta Milano e la Lombardia. Il lavoro svolto dal Museo di Storia Naturale di Milano, grazie alla competenza dei suoi ricercatori e alla collaborazione con le istituzioni territoriali, dimostra ancora una volta il valore della nostra città come centro di eccellenza nella ricerca e nella divulgazione scientifica. Ritrovamenti di tale rilevanza sono rarissimi e aprono nuovi scenari per la conoscenza della storia del nostro territorio.
Sosterremo con convinzione il lavoro di studio, tutela e valorizzazione di questo sito, affinché possa diventare un esempio virtuoso di collaborazione tra istituzioni, ricerca e territorio, e un’eredità culturale per le generazioni future”.
IL FOTOGRAFO CHE HA SCOPERTO IL SITO – Lo scopritore del sito Elio Della Ferrera, fotografo naturalista professionista, aggiunge infine “la
speranza che una scoperta di tale rilevanza possa stimolare una riflessione in tutti noi, evidenziando quanto poco conosciamo dei luoghi in cui viviamo: la nostra casa, il nostro Pianeta. L’eccezionale scoperta può rappresentare anche uno stimolo nel sostenere in maniera adeguata la ricerca e la divulgazione su questi temi, contribuendo alla promozione culturale in luoghi di montagna e favorendo
di conseguenza la presenza di popolazioni stabili”.
ATTENZIONE MATERIALE VIDEO E FOTO
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CONTIENE IMMAGINI DI COPERTURA E INTERVISTE A:
– ATTILIO FONTANA, PRESIDENTE DELLA REGIONE LOMBARDIA;
– ELIO DELLA FERRERA, FOTOGRAFO E NATURALISTA,
– CRISTIANO DAL SASSO, PALEONTOLOGO DEL MUSEO DI STORIA NATURALE DI MILANO
– FRANCO CLARETTI, DIRETTORE DELL’AREA LOMBARDA DEL PARCO NAZIONALE DELLO STELVIO
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Immagine 1. Il Parco Nazionale dello Stelvio si trova nell’angolo nord-orientale della Lombardia. Al suo interno la Valle di Fraele occupa la porzione allungata più a ovest, che confina con due parchi svizzeri. Illustrazione di Elio Della Ferrera, Arch. PaleoStelvio (PNS, MSNM, SABAP CO-LC).
Immagine 2. Il complesso delle cime Plator-Doscopa visto dalla riva nord dei Laghi di Cancano, che si trova a 1960 metri di altitudine. Gli affioramenti con le orme dei dinosauri, mai viste sino ad ora, sono distribuiti lungo sette crinali a quote comprese tra i 2400 e i 2800 metri, per quasi cinque chilometri. Per questo si parla
di “valle dei dinosauri”. Foto di Cristiano Dal Sasso, Arch. PaleoStelvio (PNS; MSNM; SABAP CO-LC).
Immagine 3. La prima immagine inviata alla Soprintendenza competente da Elio Della Ferrera, scopritore del nuovo sito paleontologico. Scattata il 14 settembre scorso, inquadra il cosiddetto “strato 0”, che affiora sulle pareti alte delle Cime di Plator. Solo qui si contano circa duemila orme fossili, in gran parte riferibili a
dinosauri prosauropodi. Foto di Elio Della Ferrera, Arch. PaleoStelvio (PNS, MSNM, SABAP CO-LC).
Immagine 4. Le orme meglio conservate mostrano chiaramente i lunghi talloni, le dita e le impronte degli artigli, nonostante siano state esposte per migliaia di anni a neve e ghiaccio, anche durante le ultime glaciazioni. Foto di Elio Della Ferrera, Arch. PaleoStelvio (PNS, MSNM, SABAP CO-LC).
Immagine 5. Camminate lunghe decine di metri sono ben visibili su diverse superfici. Nel sito delle Cime di Plator le orme fossili sono impresse con evidente profondità, il che indica che i dinosauri camminarono su fanghi calcarei resi molto plastici da abbondante presenza di acqua. Foto di Elio Della Ferrera, Arch.
PaleoStelvio (PNS, MSNM, SABAP CO-LC).
Immagine 6. Particolare dell’orma di un piede. La somiglianza con l’icnogenere Pseudotetrasauropus è forte ma non totale, per cui è possibile che le orme dello Stelvio appartengano a un’altra icnospecie o addirittura a una finora mai trovata in altre parti del mondo. In ogni caso l’autore doveva essere un dinosauro erbivoro
simile a Plateosaurus engelhardti. Foto di Elio Della Ferrera, Arch. PaleoStelvio (PNS, MSNM, SABAP CO-LC).
Immagine 7. Scheletro di Plateosaurus engelhardti esposto nella sala dei dinosauri del Museo di Storia Naturale di Milano. È il calco di un esemplare ritrovato in Germania, dove se ne trovano molti. Le terre emerse della Lombardia triassica erano collegate con l’attuale centro-Europa. Nella foto, da sinistra a destra:
Cristiano Dal Sasso (MSNM), Fabrizio Berra (UniMi), Fabio Massimo Petti (MUSE/SGI) e Elio Della Ferrera (fotografo naturalista professionista). Foto di Elio Della Ferrera, Arch. PaleoStelvio (PNS, MSNM, SABAP COLC).
Immagine 8. Particolare di una superficie “dinoturbata”, cioè fortemente calpestata da numerosi dinosauri. Molte orme mostrano una direzione preferenziale, condivisa da individui che evidentemente procedevano affiancati. Foto di Elio Della Ferrera, Arch. PaleoStelvio (PNS, MSNM, SABAP CO-LC).
Immagine 9. Dettaglio di uno strato di dolomia con le camminate di diversi dinosauri evidenziate da falsi colori. I passi lenti e cadenzati indicano una andatura tranquilla da sinistra verso destra. Disegno di Fabio Massimo Petti su foto aeree di Giacomo Regazzoni, Arch. PaleoStelvio (PNS, MSNM, SABAP CO-LC).
Immagine 10. Nei sopralluoghi, fondamentale è stato il supporto del Nucleo Carabinieri Parco – Valdidentro (nella foto, il Comandante Giacomo Regazzoni). Il loro drone ha mappato e filmato le superfici fossilifere per la prima volta, là dove nessuno è mai arrivato. Foto di Cristiano Dal Sasso, Arch. PaleoStelvio (PNS, MSNM, SABAP CO-LC).
Immagine 11. Ricostruzione paleoartistica di come poteva apparire l’ambiente di circa 210 milioni di anni fa, oggi conservato nelle rocce della Valle di Fraele (Parco dello Stelvio). Lungo la riva dell’Oceano di Tetide, un branco di dinosauri prosauropodi cammina su una estesa piana carbonatica fangosa, durante la bassa
marea. Nel branco sono presenti anche dei giovani esemplari, come indicano alcune orme fossili di dimensioni ridotte. Maschi e femmine sono qui immaginati di colore diverso. Illustrazione di Fabio Manucci, Arch. PaleoStelvio (PNS, MSNM, SABAP CO-LC).
Immagine 12. Raccolta di campioni di roccia dello “strato 0”, ovvero quello più ricco di orme. Tagliati in fette sottilissime e osservati al microscopio, questi campioni servono per comprendere l’ambiente in cui camminarono i dinosauri. Foto di Elia Vitalini, Arch. PaleoStelvio (PNS, MSNM, SABAP CO-LC).
Immagine 13. Un’altra superficie con le camminate dei dinosauri evidenziate da falsi colori. Nella pista che “scende” in verticale si riconoscono le tracce delle dita dei piedi. Intrigante il raggruppamento formato a destra da numerosi individui, che si radunarono forse per difendersi. Disegno di Fabio Massimo Petti su foto
aeree di Giacomo Regazzoni, Arch. PaleoStelvio (PNS, MSNM, SABAP CO-LC).
Immagine 14. Affascinanti sono le orme che contengono ancora le “controimpronte”, ovvero i calchi naturali formati dai sedimenti (in questo caso nerastri) che ricoprirono lo strato di fango calcareo più chiaro dopo che camminarono i dinosauri. Lo strato scuro ha protetto le orme fino a poche migliaia di anni fa, poi ha iniziato a frammentarsi. Foto di Elio Della Ferrera, Arch. PaleoStelvio (PNS, MSNM, SABAP CO-LC).
Video 1. Ottobre 2025. Prima dell’arrivo della neve, i sopralluoghi effettuati e i sorvoli del drone del Nucleo Carabinieri Parco-Valdidentro hanno permesso di vedere da vicino anche le orme che affiorano sui versanti più alti delle Cime di Plator. La fotogrammetria fatta con i droni sarà fondamentale negli studi dettagliati del sito. Riprese aeree di Giacomo Regazzoni, riprese foto-video e video editing di Elio Della Ferrera, Arch. PaleoStelvio (PNS, MSNM, SABAP CO-LC).
Video 2. Ricostruzione paleoartistica animata di come appariva l’ambiente di circa 210 milioni di anni, oggi conservato nelle rocce della Valle di Fraele (Parco dello Stelvio). Lungo la riva dell’Oceano di Tetide, un branco di dinosauri prosauropodi cammina su una estesa piana carbonatica fangosa, durante la bassa marea. Nel branco sono presenti anche dei giovani esemplari, come indicano alcune orme fossili di dimensioni ridotte. Maschi e femmine sono qui immaginati di colore diverso. Modellazione digitale e video editing di Fabio Manucci, Arch. PaleoStelvio (PNS, MSNM, SABAP CO-LC).
Video 3. Cristiano Dal Sasso descrive i dinosauri che camminarono nell’area dell’attuale Parco dello Stelvio, davanti allo scheletro di un probabile autore delle orme. Sottopancia: “Cristiano Dal Sasso – paleontologo Museo Storia Naturale di Milano”. Riprese e video editing di Elio Della Ferrera, Arch. PaleoStelvio (PNS,
MSNM, SABAP CO-LC (LNews)
red